mercoledì 9 settembre 2009

MEG - una vita una storia - capitolo 7

Intorno alle quattro e mezza del pomeriggio mi preparai per la mia solita passeggiata a cavallo.
Il tempo non era dei migliori, ma non minacciava di piovere tanto presto.
Per precauzione presi l'impermeabile, chiamai Tequila e uscii di casa assicurandomi che porte e finestre fossero ben chiuse.
Arrivata alla stalla, Golia aveva già capito che era arrivato il momento della passeggiata; infatti come era solito fare ogni giorno, aveva preso in bocca le redini.
Lo sellai, assicurandomi che la cinghia del sottopancia fosse ben tirata; chiusi la porta della stalla e appena fuori afferrai con la mano sinistra le redini e la criniera, infilai il piede sinistro nella staffa e con la mano destra nel retro sella, feci forza per aiutarmi nella salita.
Una volta in sella bastò una lieve pressione dei polpacci sul costato di Golia che questi accennò il primo passo.
Lo guidai verso il cancelletto posteriore della villa e da li nel folto del bosco.
Tutto era silenzioso; gli alberi spogli, avevano piegato i loro rami verso il freddo sottobosco; sembravano tante figure umane impegnate ad esternare il loro dolore.
In giro non vi erano animali; erano ancora tutti raggomitolati nelle loro calde tane in attesa che il freddoe triste inverno lasciasse il posto a una tiepida primavera.
Di tanto in tanto alcuni uccelli sorvolavano il grigio cielo; ma restavano muti, non un cinguettio a rallegrare quell'angolo di bosco senza vita.
Tequila correva avanti e indietro come un pazzo; a lui quel sepolcrale silenzio non metteva angoscia.
Golia camminava come sempre con le orecchie ben tese, volgendo la testa in ogni direzione per assicurarsi che nessun pericolo fosse nelle vicinanze.
Camminammo per circa quaranta minuti nel più cupo dei silenzi, mentre all'orizzonte nuvoloni neri minacciavano l'avvicinarsi della tempesta e il vento cominciava ad aumentare producendo strani rumori passando tra i rami.
Ora sembrava che ogni albero volesse raccontare la sua triste storia.
D'un tratto la fitta boscaglia si diradò lasciando il posto ad una radura, al centro della quale troneggiava un enorme albero dai folti rami piegati; finalmente ero riuscita ad arrivare alla radura del salice.
Fermai Golia che non si dimostrò molto soddisfatto di quell'ordine; l'atmosfera quì era strana, molto strana e Golia fu il primo ad accorgersene.
Cominciò ada arretrare come se ci fosse qualcosa che lo rendeva nervoso...Lanciò un forte nitrito verso l'alto e iniziò a dimenarsi senza un apparente motivo.
-" Fermo...Fermo Golia che ti prende!"
Girò un paio di volte su se stesso, poi si lanciò al galoppo ripercorrendo la strada che avevamo fatto poco prima portandomi lontano da quel luogo arcano.
Nel giro di pochi minuti mi ritrovai nel parco di casa; ora Golia era più tranquillo, ma nonostante ciò preferii dissellarlo e lasciarlo libero di brucare in tutta tranquillità.
Già che c'ero, decisi di mettere un po' d'ordine nella stalla: sistemai meglio il fieno e riempii la mangiatoia e l'abbeveratoio.
Tutto procedeva tranquillamente fino a che non sentii abbaiare Tequila in modo molto strano e Golia nitrire furiosamente.
Uscii di corsa dalla stalla e vidi Golia scalpitare nervosamente mentre Tequila gli abbaiava contro:
-" Tequila! Tequila lascialo stare...Tequila!"
Non ebbi il tempo di finire la frase che un fulmine squarciò la fitta coltre di nubi e un tuono assordante fece tremare la terra che avevo sotto i piedi.
Golia si rizzò sulle zampe posteriori con la criniera corvina in balia del vento; voltò il capo incrociando quasi volontariamente il mio sguardo.
I suoi grandi occhi neri rimasero stranamente fissi per alcuni minuti nei miei...In quel momento mi sembrò di avere davanti un entità diabolica!
Mai mi era capitato di vedere il mio Golia così terribilmente violento.
Con un colpo di reni tornò con gli zoccoli al suolo, poi sbuffando, travolse in un galoppo sfrenato il povero Tequila sparendo tra gli alberi spettrali.

Nessun commento:

Posta un commento